Inviato da Claude Beaunis il 04/10/15 – 21:29

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Il Benin al naturale
Di Marcus Boni Teiga, Courrier des Afriques, Benin
Alla scoperta del parco nazionale del Pendjari, nella regione dell’Atakora. Le cascate, gli animali in libertà e le aree archeologiche
 
Il mio mestiere di giornalista mi ha tenuto lontano dal nordovest del Benin e dal suo ricco patrimonio culturale. Come altrove in Africa, anche in Benin non è facile per un giornalista prendersi delle ferie, soprattutto se lavora in una redazione ridotta all’osso. I miei unici momenti di evasione si limitano ai viaggi nel sud del paese, vicino a Cotonou, la città in cui lavoro e la capitale economica del paese.
Al di là delle belle spiagge di Cotonou, dove tutti i weekend si ritrovano i beninesi e gli stranieri in fuga dall’inquinamento, ogni tanto mi invento dei giri turistici per soddisfare la mia curiosità. Niente di tutto questo però può sostituire nel mio cuore il calore degli abitanti e la bellezza dei luoghi nel nordovest, una regione che continua ad affascinare non solo i turisti stranieri che la visitano ma anche me che ci sono nato.
Il ministero della cultura, dell’artigianato e del turismo ha deciso di mettere in cima alla lista delle sue priorità la promozione del turismo. In effetti, anche se ha un enorme potenziale, il Benin è una destinazione poco nota sia in occidente sia in Africa.
Sono al seguito del ministro e della sua delegazione, e sulla strada verso il nordovest ci fermiamo a Natitingou, nel dipartimento di Atakora, dove è calata la notte.
Nella stagione turistica (da metà dicembre a fine giugno) la città è piena di visitatori, soprattutto europei.
Di solito sono qui per il museo archeologico o perché la città è un buon punto di partenza per vedere le grotte e i villaggi taneka, la cascata di Kota, il belvedere di Koussoukouangou, le tatas somba (case di fango a più piani) di Boukoumbé, la grotta di Datawori, l’accampamento di caccia di Porga, le cascate di Tanougou, il parco nazionale del Pendjari. Tanguieta è un passaggio obbligato verso le cascate di Tanougou e il parco nazionale. Per entrare nel parco bisogna attraversare una lunga catena di montagne che si prolunga in direzione del Togo.
Sui monti dell’Atakora ci sono molte cascate e molte grotte. Quelle di Taiacou sono considerate un luogo sacro e vietate ai turisti perché fu qui che gli abitanti del posto si rifugiarono durante la guerra di resistenza contro i francesi (dal 1914 al 1917). Il divieto invece non è stato esteso alle grotte di Datawori, dove la resistenza dei guerrieri di Kaba (un eroe nazionale) si concluse con una battaglia di proporzioni omeriche seguita da una resa alle truppe francesi. Vale la pena di fare una piccola deviazione per visitare questo museo all’aperto.
Microclima
È mezzogiorno e c’è il sole, ma il ministro e la delegazione non ne approfittano e si dirigono subito a Tanougou, passando per Tanguieta. L’auto supera l’ingresso del parco nazionale del Pendjari e imbocca la pista di caccia che ci porterà ino alle cascate di Tanougou. Siamo obbligati a questa deviazione per visitare un cantiere sulle alture che circondano lo stagno Bori, da cui si gode una vista panoramica sul parco. Arriviamo a Tanougou nel primo pomeriggio e ci ritroviamo tutti ai piedi della montagna.
Bisogna superare alcune rocce per scoprire una piccola cascata e poi una più grande. L’acqua e il lago in basso creano un microclima mite e rinfrescante in mezzo a una vegetazione rigogliosa. È il luogo ideale per riposarsi e fare un bagno nel silenzio, respirando aria pura.
Batia si trova a dieci di chilometri dal secondo ingresso al parco del Pendjari.
Dopo aver pranzato nel ristorante di un accampamento risaliamo sulla jeep, ma veniamo seminati perché la nostra auto è vecchia e non riesce a stare al passo con quella del ministro. A darci il benvenuto nel parco è un branco della più bella specie di antilope del mondo: gli ippotraghi, alti come cavalli. Poi per tutto il percorso verso lo stagno Bali silano davanti ai nostri occhi i kob, le antilopi d’acqua.
Nel parco ci sono diversi stagni (Bali, Diwouni, Yanguali, Bori) dove, da una torretta, si possono osservare gli animali che si abbeverano. Incrociamo una lunga processione di babbuini che convergono ordinatamente verso lo stagno. Dalla torretta si può ammirare la vista panoramica sullo stagno, dove ci sono coccodrilli e ippopotami.
Dal lato opposto si leva un concerto di canti di uccelli. Le mie limitate conoscenze nel campo dell’ornitologia non mi permettono però di identificare con precisione tutte le specie.
Intorno a noi si riunisce un numero impressionante di babbuini senza curarsi della nostra presenza, come per lasciarci intendere che siamo noi a essere sul loro territorio. Riprendiamo la pista in direzione dell’accampamento del Pendjari.
Siamo alla ine della giornata e il sole comincia a tramontare. Il iume Pendjari, che dà il nome al parco e che rappresenta una frontiera naturale tra il Benin e il Burkina Faso, è in secca, ma nel suo letto ci sono dei punti in cui scorre ancora acqua.
Incontriamo dei cinocefali, dei kobus kob e dei facoceri. Nei pressi dell’accampamento vediamo un elefante solitario sulla riva del Pendjari. Imperturbabile continua a cercare da mangiare gettandoci di tanto in tanto un’occhiata furtiva perché il suo odorato particolarmente sviluppato lo ha avvertito della nostra presenza. Una coppia di turisti europei filma lo spettacolo dell’elefante che prosegue il pasto.
Riprendiamo il nostro cammino e scopriamo due grandi bufali in una radura. Gli animali non sembrano affatto contenti della sosta che facciamo per osservarli più da vicino. Ne prendiamo atto e decidiamo di allontanarci quasi subito.
Arrivati all’accampamento del Pendjari, veniamo a sapere che ci siamo persi l’avvistamento di un leone. Scende la sera.
Sono trascorsi appena un paio di giorni e ho già la netta sensazione di essere l’unico proprietario dei paesaggi e degli animali, e che al mondo non esista altro. C’è una tale atmosfera di calma che è difficile immaginare un luogo migliore per riposare: niente telefono, niente rumori, niente inquinamento.
La notte è serena e la mattina ci svegliamo presto. Appena usciti dall’accampamento davanti a noi sfila un grande branco di bufali che si lascia dietro una scia di polvere. Facciamo un giro degli stagni vicini sperando di sorprendere un leone o un ghepardo. Ma non si vede nessuno
Fortuna e caso
Rientriamo al campo e dopo una veloce colazione riprendiamo la strada per tornare indietro, verso l’accampamento di caccia di Porga. Poco distante abbiamo l’incontro più straordinario: una trentina di elefanti con i loro piccoli. Ci godiamo a lungo lo spettacolo visto che non sembrano affatto disturbati mentre si accarezzano a vicenda con le proboscidi. I piccoli sono protetti tra le zampe delle madri.
Ci mettiamo di nuovo in viaggio, rischiando di trascorrere un’altra notte nel parco. Dopo pochi chilometri ci imbattiamo in una quarantina di ippotraghi.
Dopo aver visitato una volta il parco nazionale del Pendjari, è inevitabile affidarsi completamente alla fortuna e al caso. Nessuna motivazione razionale permette di trovarsi nel posto giusto al momento giusto per vedere una determinata specie di animale. Ed è proprio questa incertezza
nella ricerca che rende il Pendjari così affascinante, al contrario di altri parchi del continente in cui si trovano riunite in un solo luogo tutte le specie animali.
Così, anche se ci sarebbe piaciuto, non vedremo né il ghepardo (l’animale culto del parco) né il leone, che altri turisti rimasti nella riserva hanno avuto il piacere di  filmare. Sarà per un’altra volta. Arrivederci, Pendjari.
 
 
INFORMAZIONI PRATICHE
Documenti Il visto va richiesto prima della  partenza al consolato del Benin in Italia (011 590 436; segreteria@consolatobenin.it).
Arrivare e muoversi Il prezzo di un volo per Cotonou dall’Italia (Brussels Airlines, Lufthansa, Royal Air Maroc) parte da 513 euro
a/r. Il mezzo più economico e veloce per spostarsi a Cotonou sono gli zem (mototaxi). Meglio dire al guidatore di andare piano e che
non si ha fretta. Per girare il paese conviene usare i pullman. È sconsigliato viaggiare di notte perché le strade non sono illuminate.
Dormire L’hotel Le Prince (+229 2131 8259 oppure 2131 4931), a Cotonou, è un tre stelle e si trova vicino alla cattedrale. Ofre una doppia per 26mila franchi Cfa (39 euro) a notte.

 

Leggere Marco Aime, Nel paese dei re, Nicolodi 2003, 10 euro.